Un condominio tenta di “liberarsi” dell’amministratore affidando l’incarico a un nuovo professionista ma, il vecchio amministratore continua a percepire il suo compenso
La vicenda . Un Condominio tenta di “liberarsi” dell’amministratore deliberando l’affidamento dell’incarico a un nuovo professionista e sostenendo che, a partire da tale istante, il primo non ha più diritto ad alcun compenso in quanto formalmente decaduto.
L’amministratore uscente, che ritiene di essere stato invece costretto a proseguire l’attività gestoria per tutto il periodo intercorso tra la delibera e l’effettivo passaggio di consegne, agisce giudizialmente per ottenere l’intero compenso.
Il Condominio si oppone sostenendo, da un lato l’intervenuta prescrizione del credito, dall’altro lato l’infondatezza della pretesa quantomeno limitatamente al compenso maturato dopo la nomina del nuovo amministratore. La domanda attorea è accolta e la vicenda passa in secondo grado.
=> Mancata indicazione del compenso e nullità della nomina
La sentenza. Il Tribunale di Vicenza conferma la decisione del Giudice di Pace rigettando entrambi i motivi di appello (Trib. Vicenza, n. 1897/2019 ).
Preliminarmente il Condominio aveva eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2956, comma 2 c.c., in tema di prescrizione presuntiva triennale per il compenso dei professionisti, ovvero dell’art. 2948, n. 4 c.c., che disciplina il regime di prescrizione quinquennale degli oneri condominiali aventi natura periodica, tra cui per l’appunto il compenso dell’amministratore.
Il Giudice vicentino è di tutt’altro avviso, ritenendo invece inapplicabili tali norme sulla scorta del consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale “i diritti di credito di un amministratore condominiale (vuoi per compensi, vuoi per rimborsi di spese anticipate) sono soggetti alla stessa prescrizione dei diritti del mandatario (vale a dire quella decennale), poiché è proprio un rapporto di mandato che lega l’amministratore al Condominio che egli rappresenta e gestisce” (Cass. Civ., n. 19348/2005).